Mario Raffaele Conti ed Edoardo Rosati non sono solo scrittori e giornalisti: compongono anche canzoni che sono lo spin-off del loro lavoro di comunicatori. Qui ci raccontano come è nato il loro terzo album.
«Siamo entrambi giornalisti e i nostri pezzi nascono tutti dal vissuto, dalla cronaca della vita e dell’anima. Sono fango, oro e sangue, diremmo con un po’ di enfasi. Il nostro nuovo album «Questa vita è il tuo racconto» appena uscito su tutte le piattaforme contiene alcune tra le nostre ultime composizioni. Forse quelle che amiamo di più.
La magia, perché per noi è tale, sta nel fatto che ogni risultato – la canzone – nasce all’unisono eppure in momenti separati. Scaturisce una musica dalla chitarra e l’altro ne interpreta il mood peculiare. Affiora una storia scritta e subito diventa melodia, un’emozione cantata che racconta un momento, un sogno, una suggestione.
Narriamo l’amore maturo, l’esistenza che rinasce dopo un dolore, le sfide cui non ci si può sottrarre, la forza delle parole per affermare se stessi, la voglia di leggerezza e la sconfitta della paura. E qui vogliamo illustrarvi brevemente il mondo che vibra dietro ogni nostro sguardo musicale».
E POI – CE LA PUOI FARE
Mario Raffaele – È un capolavoro musicale: il merito va tutto a Edoardo. Abbiamo inciso questo pezzo dieci anni fa, nel nostro primo, omonimo EP, e quella versione è rimasta nella nostra storia. Ricantarla era quasi impossibile. Così abbiamo deciso di lasciare soltanto una splendida intro di chitarra.
Edoardo – Il brano è stato concepito come un inno alla vita e al potere della resilienza. Tant’è che la Fondazione Umberto Veronesi ha poi adottato il brano (arrangiato dal compositore e pianista Roberto Cacciapaglia) per il suo progetto «Pink Is Good», dedicato alle donne e alla perenne lotta contro il tumore al seno.
DARSENA CAFÈ
Edoardo – Ecco il pezzo che forse più di tutti incarna la nostra cifra stilistica, un crossover tra il jazz un po’ vintage, il pop italico e le atmosfere melodiche francesi che echeggiano qua e là. Il tutto al servizio di un testo brillante, ma meditativo, che celebra le corde emotive della vita, e, nella fattispecie, il rapporto con i figli che spiccano il volo. Giusto, Mario?
Mario Raffaele – Sì, è l’emblema del nostro genere, che abbiamo voluto battezzare «Naviglio Swing». Era il pezzo forte del nostro secondo disco. E ci piace riproporlo per la sua modernità, qui confezionata, però, con un tocco vintage: il microfono scelto da Marco Matti di Casemate Studio per registrare la voce – uno Shure Model 51 – conferisce infatti al cantato un’aria un po’ nasale e rétro. Il testo racconta di un papà: dà appuntamento alla figlia che vive all’estero e torna a Milano, alla Darsena, nel cuore del Quartiere dei Navigli. Come sempre accade, l’emozione di poter riabbracciare i propri ragazzi è sempre indescrivibile, ma i figli, si sa, quando crescono volano per affrontare il cammino che li attende. E a noi, papà e mamme, che cosa rimane? L’amore che riempie i cuori e la capacità di sperimentare una pagina nuova e autonoma dell’esistenza.
CHE MERAVIGLIA SEI
Mario Raffaele – Nella vita di tutti noi accadono miracoli: basta saperli vedere. Il primo “miracolo” di questa canzone sta nella musica di Edoardo, meravigliosa, con diversi registri e momenti che si armonizzano nel tutto. Quando me l’ha inviata, be’, si dava anche il caso che avessi da poco conosciuto la donna della mia vita, la più bella ─ può essere ridicolo dirlo ─ mai incontrata. Accade quando scatta quel raro mix di attrazione, stima, amore, affetto e innamoramento. Appena ho visto il sorriso di colei che adesso è mia moglie, avevo capito di “essere arrivato”. Così nasce Che meraviglia sei, la mia dichiarazione d’amore a una persona davvero speciale.
Edoardo – La melodia swing di questo brano conta in realtà parecchi anni sulle spalle. L’ho concepita poco più che ventenne (stiamo parlando della prima metà degli anni Ottanta. Oddio, Mario, come passa il tempo!), ma poi è rimasta lì, nel baule delle tante invenzioni sulla mia amata sei corde. Evidentemente, però, nulla accade per caso: forse quella musica dormiva in attesa di un testo che ne cogliesse e interpretasse appieno lo spirito solare e trascinante. E per le mirabili sincronicità che quotidianamente ci sorprendono, l’occasione è arrivata: quasi 40 anni dopo, i saltellanti accordi si sono finalmente sposati con un fiume in piena di parole festose. Quelle di un grande amico che aveva ritrovato la felicità.
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GENOVA È IL MIO BRASILE
Edoardo – Scrivere canzoni: nasce prima il testo o la musica? È l’interrogativo ricorrente. E la risposta è in genere da copione: «Dipende». In questo caso, la melodia s’è “affacciata” senza un perché: sono andato, sul manico della chitarra, dove il cuore mi stava portando in quel preciso istante, inseguendo una suadente e credibile progressione di accordi. Il risultato finale, sì, aveva un suo senso compiuto. Ma la geniale ciliegina sulla torta è arrivata dalle intuizioni poetiche di Mario, che ha inoculato nell’impasto musicale una miscela di disinvolta ironia. E pure una sana spruzzata di… Carnevale di Rio!
Mario Raffaele – I milanesi vanno da sempre al mare in Liguria «a respirare lo iodio che fa bene». Anche io dagli anni Sessanta ci vado e sbucare dal Turchino è il rito di passaggio dalla noia della città alla libertà del mare. Continuo a recarmi in quei luoghi ogni estate, ad Alassio, e ci sono cose che non cambiano mai. E vi assicuro, per me è meglio di Copacabana. Un posto in cui incontro ricordi che si rinnovano di anno in anno. Il testo è il mio inno di amore per questa terra: il mio Brasile.
QUESTA VITA È IL TUO RACCONTO
Mario Raffaele – Anche questo testo ha come tema i figli, ma stavolta il focus non è sul genitore, ma proprio su di loro. Questa canzone è nata quando mio figlio Jacopo è partito alla volta di Lione per un Erasmus e ho sofferto della “sindrome del nido vuoto”. Poi sarebbe andato a Parigi e a Shanghai e questo cercare e studiare nel mondo mi ha fatto comprendere che il suo prendere il volo è il paradigma stesso della vita che evolve, si trasforma, porta lontano eppure espande i cuori. Questo modo di intendere l’esistenza rappresenta l’inizio del loro racconto, della loro autonomia, della Vita che si perpetua.
Edoardo – Concordo, amico mio. C’è una venatura malinconica, nella melodia, anche se (come ha rimarcato il nostro prezioso Marco Matti) il pezzo è tecnicamente uno “swing lento”. Le note rispecchiano uno stato d’animo di vaga tristezza: anche il mio Riccardo si apprestava a lasciare casa e quella pazzesca alchimia che si chiama MUSICA è riuscita in qualche modo a fisicizzare (ma anche esorcizzare) il mio (pardon: nostro!) coacervo di sentimenti ed emozioni.
VOGLIO SPINGERMI PIÙ IN LÀ
Edoardo – Sicuramente è il brano più intimista che abbiamo mai scritto. Una voce. Una chitarra. Lo scorrimento delle dita sulla zigrinatura delle corde. Lo slap del pollice che percuote lo strumento. Null’altro. Una sequenza di sonorità (gli accordi mutano di continuo, ma con compostezza, quasi a scandire ogni singola parola) che finisce per tessere un tappeto musicale destinato a commentare… che cosa, caro Mario? Una confessione amorosa?
Mario Raffaele – No, non è una canzone d’amore, anche se lo sembra. O forse lo è, ma non come la si intende di solito. C’è un dialogo intimo, notturno, forse c’è una candela o un incenso, forse è il momento in cui i conti non tornano e c’è bisogno di una revisione, di provare a capire oltre il razionale. E allora scatta un incontro con quello che io chiamo Infinito, qualcuno o qualcosa che possiamo ritrovare dentro appena cala il silenzio nella mente. Marco Matti mi ha detto: «Hai presente Tom Waits? Cantala così». Ma io non sono Tom Waits! Così lui ha spento le luci dello studio, io ho chiuso gli occhi e ho provato a far cantare la mia anima.
E POI
Questa è la versione originale di «E Poi», prodotta, arrangiata e registrata da Sonny Soldano.
È contenuta nel primo disco di iDocs – Rosati&Conti.
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Le foto di Edoardo e Mario Raffaele sulla cover sono di Fernando Arias.
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