Sara capitato anche a voi di percepire, appena dopo il Ferragosto, la fine dell’estate. Una volta questo sentimento era reso più netto dalla classica rottura del meteo, che avveniva il 16 di agosto, giorno più, giorno meno, quando tuoni, fulmini e grandine sancivano l’ingresso nella nuova “stagione”. Oggi il riscaldamento globale sta facendo sì che non solo “non ci sono più le mezze stagioni”, ma anche quelle “intere” sono sempre più contraddistinte da eventi estremi.
Crisi climatica a parte, è innegabile che molte persone vivano il primo di Settembre, più che il primo di Gennaio, come il vero Capodanno. Questa percezione proviene anche dal nostro passato contadino, secondo cui ad agosto si concludevano le attività agricole di mietitura e trebbiatura e si aspettavano le prime piogge, necessarie per arare e preparare i terreni per la semina autunnale.
Anche il calendario bizantino c’entra. Secondo i suoi canoni l’anno iniziava il 1° settembre e finiva il 31 Agosto, e molte regioni italiane si adeguarono a questa regola durante gli anni della dominazione di Bisanzio.
Non siamo più contadini, né tantomeno bizantini, ma per qualche strano motivo a fine agosto c’è una spia che si accende dentro di noi e improvvisamente ci ritroviamo immersi in una sorta di agitazione propositiva molto più intensa di quella di San Silvestro. Fra fine dicembre e inizio gennaio, in effetti, non c’è una vera e propria discontinuità climatica. Inoltre, a parte pochi casi, nessuno va in ferie per più di quindici o venti giorni, come invece avviene in estate, e il primo settembre non ci svegliamo a mezzogiorno mezzi rimbecilliti.
La pausa estiva è, in generale, più lunga rispetto alle festività invernali, e consente davvero di staccare dai ritmi ordinari. C’è più tempo per ascoltarsi, riflettere e programmare le attività da intraprendere in autunno.
Per esempio l’intenzione di iniziare a praticare yoga nasce spesso in estate, perché durante le ferie scattano tante molle, tanti sensi di colpa, tanti «devo cambiare la mia vita», come dice il filosofo Sloderdijk nel suo saggio sulle antropotecniche, i tanti “yoga”, i tanti metodi per stare meglio. La pausa dai ritmi lavorativi ordinari ci spinge alla riflessione e ci mette nelle condizioni di essere più ricettivi nell’ascoltare il grido d’allarme che viene dal profondo. Sappiamo tutti benissimo di cosa abbiamo bisogno e dove sbagliamo, e durante tutto l’anno mettiamo a tacere questa vocina come faceva Pinocchio col grillo parlante, con la scusa che non possiamo fermarci.
Ma coi tempi lunghi dell’estate la cosa esplode e la consapevolezza di dover cambiare abitudini diviene chiara.
Come sempre è il modo in cui reagiamo alle rivelazioni che fa la differenza. Possiamo risolvere la questione in modo compulsivo e superficiale, o possiamo riuscire a raggiungere il nocciolo del problema e agire con determinazione alla radice.
Una cosa è certa: i grandi cambiamenti necessitano di una forte spinta motivazionale, in mancanza della quale alle prime avvisaglie di “sofferenza” si ritorna alle abitudini di prima, a quella “comfort zone” che, a conti fatti, ci condanna all’involuzione.
Proviamo allora a sfruttare questo momento di grazia, questo varco che si apre e che ci collega con le profondità del nostro essere. Appena si accende la spia della consapevolezza scriviamo una nota, prendiamo un appunto, fissiamo un’idea e proviamo a iniziare il nostro nuovo anno con entusiasmo, diretti al cuore del nostro essere.

Questo articolo è apparso su Yoga Journal nella rubrica La mia pratica e lo ripubblichiamo qui per gentile concessione del direttore Guido Gabrielli. Abbiamo scelto Francesca Alinovi perché il suo gruppo, i Lovesick, sta mietendo successo ovunque. Francesca trova tutta la potenza del suo contrabbasso nella pratica di meditazione buddhista e di yoga. Ecco il suo racconto.

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