Entra nel Collettivo dei “Rispiratori” Raffaella Marini, un’avvocata di Pesaro, insegnante e praticante di Yoga, con l’amore immenso per il mare, la natura e l’ambiente. Debutta con un testo bellissimo, Prendere il mare, che ci ha conquistati alla prima lettura e siamo certi che vi piacerà tantissimo. A lei abbiamo affidato uno sguardo verso il mondo che ci circonda, declinato con la cura e l’attenzione e la sensibilità che riconoscerete in queste righe. Buona lettura!
Prendi un libro che non ha resistito al richiamo del mare, alle avventure sulle onde, scovando viaggi storici tutti da ricostruire con la penna, in una stanza di città. Segui la precisa narrazione di mete geografiche congiunte a fatti, avvistamenti della costa, epoche lontane di galeoni e naufragi memorabili.
Prendi il marinaio transoceanico che mangiava salame di delfino durante la Guerra fredda. Nei suoi racconti c’erano molte lune tirate giù con la corda, conservate in un cesto di pesche.
Prendi un romanziere come Salgari, esploratore virtuale di fantasia, sempre nei pensieri di mio padre che stava a chiedersi come riuscisse quell’uomo senza valigia a viaggiare in posti mai visitati e narrarne l’ambientazione come fosse aria di casa e terra viva.
Prendi un’immensa sala silenziosa, detta grande biblioteca della geografia, ricolma di libri e disegni e mappamondi alla rovescia, di annotazioni dei navigatori, di stelle appuntite disegnate con l’oro, di tentativi di osservazione tracciati sulla linea dei confini, di memorie e intuizioni dal bordo di una imbarcazione.
Prendi il profilo dell’Africa e appiccalo in alto, al posto del cielo.
Prendi per buono che al mare si debba tanto, tantissimo, essendosi prestato al trasporto per necessità o per spirito d’esplorazione. Le rotte indirizzate verso svolte epocali con conseguenze irreversibili, e poi le conquiste e i massacri, gli arricchimenti e le oppressioni, tutto entrato a far parte della storia dell’umanità.
Prendi Jules Verne e uno stralcio dei suoi dialoghi, in cui qualcuno chiede:
«Voi amate il mare, capitano?
E qualcuno risponde: “Sì! L’amo! Il mare è tutto. Copre i sette decimi del globo terrestre. Il suo respiro è puro e sano. È l’immenso deserto dove l’uomo non è mai solo, poiché sente fremere la vita accanto a sé. Il mare non è altro che il veicolo di un’esistenza soprannaturale e prodigiosa; non è che movimento e amore”…»
Prendi una vecchia bussola e l’atlante nautico, poi un patrimonio di conoscenze antichissime riversato nella cartografia, prendi anche l’indispensabile àncora insieme al vento oppure aggiungendo un motore e molte sfumature da guardare. Forse anche un paio di remi di legno.
Prendi qualche decisione relativa al tuo viaggio e poi fidati quando sali, che si tratti di ali, ruote, o galleggianti.
Prendi – in caso – una nave, una barca, un battello e stacca i piedi perché il mare è un viaggio senza scarpe. Per questo si chiama giro del giorno in ottanta mondi*. I punti di riferimento svaniscono, sicché lo scafo penetra l’acqua come un aratro e fa quel rumore di schiuma, sicché l’azzurro si prende tutto lo sguardo e non ci sono più alberi e nemmeno fermate di sosta, solo quell’andare costante, lontano, che non fa rumore.
Prendi un porto e mettici dentro gli scrittori poeticamente evoluti, trovaci Celine fra le bandiere della sconfitta infilzate sugli attracchi, e Jean Genet fra marinai trasparenti, mazzi di carte e buchi di memoria.
Prendi una fune, poi, da porto a porto, e facci volare sopra gli uccelli che inghiottono i pesci guizzanti. Da porto a porto vivi il viaggio del mare, quello che all’ora prevista ti scarica a terra, perché si chiama traghetto e conosce il tracciato, con tutti i suoi calcoli sicuri.
Prendi un posto fuori, in alto, all’aperto, come fosse il primo posto della prima volta. Il traghetto dice: l’idealista è una persona che finge. L’arte di osservare non può essere coltivata. Non ha nulla a che fare con pensieri, credenze, opinioni, sforzi e parole. Il sale entra nelle narici in segno di rivolta.
Prendi tutte le parole e i racconti, mettili in un sacco e poi nella stiva. Dimenticali lì. Resta a prendere tutto il vento che esiste e tutto il mare che c’è. La lingua di costa si avvicina e a poco a poco si ingrandisce, fino a diventare destinazione.
Prendi l’ultima immagine, prima di rimetterti in piedi sulla ferma terra. I colori non si muovono e rimangono uniti, indaco, blu, e violetto, turchese anche. Fanno un inchino alla fotografia. Ogni colore aiuta un altro colore e tutti si gettano nella canzone del mare, senza ricorrere ad alcuna furberia.
Prendi il fatto che risalirai, tornerai indietro, sempre con lo scafo che taglia il mare, sempre con quei pesci che saltano fuori, ed è sempre la prima volta, il primo viaggio in mare. Potrebbero esserci nuvole, cariche di bianco.
* Il giro del giorno in ottanta mondi è il titolo di un libro di Cortazar (che amo)
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