Scrivendo all’amico Fusco, “innamorato della città”, Orazio (Venosa 65 a.C. – Roma 8 a.C.), famoso poeta latino del carpe diem, contrappone la vita cittadina di Roma, piena di seccature, a quella “della bella campagna”, con i suoi ruscelli, ciottoli ricoperti di muschio e alberi. Con le dovute differenze rispetto al grande poeta, anch’io mi sono lasciata alle spalle le sale di marmo del Parlamento per camminare nei campi della mia nuova proprietà, alla ricerca di libertà e semplicità. La dimensione pubblica entusiasma, ma stanca, quindi, per citare Orazio: «Mi sono divertita, niente male, ma guai se non vi avessi posto un termine». Penso ai diversi percorsi che la mia vita ha preso e la scelta di oggi, campagna e insegnamento, mi sembra la più azzeccata.
L’abitazione al momento è un cantiere, mi dedico all’esterno. Trascorro parte delle giornate curando la terra, raccogliendo frutti maturi e creando profumati mazzetti di lavanda. Tratto le piante come esseri viventi, stringo amicizia con loro. Ho imparato a riconoscere erbe come il timo e l’origano, ad apprezzare la bellezza della quercia. Ho estirpato le erbacce a mani nude, rendendomi conto di quante cose si possano fare manualmente in un giardino: diserbare, pacciamare, potare. Nonostante il duro lavoro, alla fine mi lascio assorbire dal verde attorno, sentendomi parte integrante di ciò che mi circonda. La mia mente è piena di sogni per questo spazio: progetto di praticare yoga, leggere, organizzare feste e cene con amici e vicini durante le quali conversare rilassati e fare tranquille passeggiate con il mio cane.
Mentre scavo per salvare delicate piante di fragole e mirtilli dalle erbacce, ricordo quanto sia antico e complesso il lavoro con le mani nella terra. So che questo è l’ambiente a cui appartengo, immersa nel ritmo dei cicli naturali, assorta in attività durante le quali perdo la cognizione del tempo.
Hoc erat in votis, Questo appunto desideravo: così inizia una delle satire più belle di Orazio, che ha ricevuto da Mecenate proprio ciò che voleva ardentemente – una casa in campagna con un piccolo orto e una sorgente di acqua perenne. Per me e mio marito era più di un semplice desiderio: è stato un amore che abbiamo subito provato quando abbiamo visitato questo posto per la prima volta. Ora è il luogo in cui ammirare gli alberi e trovare nutrimento nella bellezza quotidiana.
Il terreno si estende davanti a me, con il suo verde e la sua tranquillità. Ma ci sono anche delle sfide da affrontare, come quando ho scoperto che le vespe avevano costruito il loro nido nella fotocellula del cancello, impedendone la chiusura. Ho dovuto trovare un modo per proteggermi dal loro attacco, lottando contro la natura che cercava di sopraffarmi. Amo tutti gli esseri viventi, ma so che a volte è necessario prendere delle misure per proteggere se stessi e gli altri. Dopo essere stata punta, ho fatto ricorso a un antico rimedio imparato durante la mia infanzia rurale: versare qualche goccia di latte di fico appena raccolto sulla puntura. Poi, sono andata in farmacia per soluzioni più pratiche.
Anche se affrontare gli imprevisti della natura è spesso duro, preferisco quest’esistenza semplice e autentica al caos della politica, alle discussioni e ai litigi. Scelgo la pace dei tramonti e il silenzio del cielo notturno, dimentico il rumore. La campagna non è solo un luogo da visitare; è la mia casa, dove mi sento accolta e in pace con me stessa e, per dirla con Orazio, è l’angolo di mondo che mi sorride più d’ogni altro.
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