Sono solo parole. Oppure no. Già quando scoprivo lo Yoga 25 anni fa, mi sono presto trovata a raccogliere e editare 108 lezioni sul Dharma, scritte della prima persona che ho identificato come un maestro. Poi con la pratica personale del Kriya, ma prima che questo mi inducesse a insegnare Yoga, mi sono trovata a rappresentare la Babaji’s Kriya Yoga Publications in Italia e a proporre i titoli allora disponibili in italiano a distributori di settore.
Da piccola ho allenato la predisposizione alle lingue straniere traducendo testi di canzoni insieme a mia mamma. Ho lavorato e amato in inglese. Ho iniziato a tradurre gli scritti di Marshall Govindan (Satchidananda) e Durga Ahlund nei primi Anni 2000: dispense e manuali per le iniziazioni, alcuni articoli del Kriya Yoga Journal, un corso per corrispondenza che dura due anni e due libri, L’illuminazione non è quello che pensi di Marshall Govindan e Avanzare nello Yoga di Nityananda. Mi accorgo sempre più chiaramente di come questo seva sia stato anche svadhyaya e di come entrambi questi pilastri della ricerca interiore abbiano contribuito alla mia formazione e forgiato un aspetto della mia personale esperienza con lo Yoga: la convinzione che le vie sono già tracciate, ma è necessario contribuire a mostrarle e soprattutto a percorrerle.
In questo momento sto iniziando a lavorare alla revisione di Voice of Babaji – Trilogy on Kriya Yoga (di V. T. Neelakantan, S.A.A. Ramaiah e Babaji Nagaraj) edizione integrale della Babaj’s Kriya Yoga Publications già tradotta in 8 lingue. La pubblicazione italiana potrebbe arrivare nel 2026. È una raccolta di insegnamenti tenuti dal Satguru Kriya Babaji, trascritti nel 1953 da Sri V.T. Neelakantan, una serie di discorsi che illuminano la via verso la realizzazione dell’Essere Supremo, dell’unità nella diversità e dell’amore universale. Contiene insegnamenti più attuali che mai, e rivela il carisma, la saggezza e l’umorismo con cui Babaji, guida e sostiene l’evoluzione umana.
Ma c’è già un altro testo importante che presto potrebbe arrivare anche in alcune lingue europee, incluso l’Italiano. Mentre traducevo un articolo di M.G. Satchidananda con alcuni riferimenti a questo testo, questi mi ha raccontato la sua storia. Nel 1981, durante una visita a Madras con Yogi Ramaiah, Marshall Govindan (Satchidananda) incontrò il Dr. B. Natarajan, un esperto che aveva tradotto il Tirumandiram dal tamil all’inglese. Nonostante il valore del lavoro, la traduzione risultava incompleta e priva di commenti, probabilmente a causa della complessità dell’opera e della stanchezza del traduttore.
Dopo la morte del Dr. Natarajan, Marshall Govindan tentò di acquisire i diritti di pubblicazione, ma l’erede del traduttore chiese 25 mila dollari. A quel punto, il Dr. Mahalingam, industriale e filantropo indiano, intervenne, acquistò i diritti e li donò alla Ramakrishna Mission di Madras, che concesse a Govindan il permesso di pubblicare il testo, in cambio di royalties.
Nel 1992, questi pubblicò una versione internazionale del Tirumandiram in tre volumi, aggiungendo introduzioni, un glossario e un indice per facilitarne la comprensione ai lettori occidentali. Consapevole dei limiti della traduzione originale, affidò al Dr. T.N. Ganapathy e a un team di studiosi (dello Yoga Siddha Research Center) il compito di realizzare una nuova traduzione completa, con commenti dettagliati su ogni verso.
Il risultato fu un’edizione monumentale in dieci volumi, pubblicata nel 2010 con il sostegno finanziario del Dr. Mahalingam. Negli anni successivi, il Babaj’s Kriya Yoga Order of Acharyas ha finanziato personalmente diverse ristampe, l’ultima nel 2023, per mantenere il Tirumandiram disponibile per chi vuole esplorarne la saggezza. Dice nell’Introduzione a ‘Yoga Sutra di Patanjali e dei Siddha: «Ogni versetto è come una chiave. Una chiave è un pezzo di metallo inutile se non si sa come inserirlo in una serratura e farlo girare. Tuttavia se si medita sul versetto, questa chiave ci permette di entrare in un nuovo spazio, uno spazio dove il significato esoterico o nascosto può essere rivelato. Se non si medita sul versetto, esso resterà inutile, come l’inchiostro sulla carta».
Tirumular (o Thirumoolar) è un antico saggio e yogi tamil, autore del Tirumandiram. È considerato uno dei principali Siddhar, figure mistiche del Tamil Nadu che combinano pratiche yogiche, filosofiche e mediche. Secondo la tradizione, visse intorno al IV o VI secolo d.C., anche se alcune fonti lo collocano in un periodo più antico. Tirumular è descritto come un illuminato che raggiunse uno stato di coscienza suprema attraverso la pratica del Kundalini Yoga e la meditazione. Secondo una leggenda, egli prese il corpo di un pastore per diffondere la saggezza spirituale alla gente comune
Il suo insegnamento si basa sul Saiva Siddhanta, una scuola filosofica che esplora il rapporto tra l’anima individuale (jiva), Dio (Siva) e il mondo materiale. In oltre 3.000 versi, Tirumular affronta temi complessi come il misticismo, la filosofia yogica, la medicina siddha, il mantra e l’etica, fonde elementi di spiritualità e pratiche yogiche. Tirumular è considerato un pioniere nell’introdurre concetti yogici e tantrici nella tradizione tamil, codifica pratiche esoteriche in una forma accessibile per l’umanità. Per questo il suo Tirumandiram è una pietra miliare nella tradizione del Saiva Siddhanta, è il decimo libro del Panniru Tirumurai (le 12 opere sacre) degli Shivaiti.

Suddiviso in nove tantra (sezioni), copre argomenti che spaziano dallo yoga al misticismo, all’etica, alla devozione. Sottolinea l’importanza del controllo mentale, della meditazione e della disciplina yogica. Parla delle fasi del Kundalini Yoga e di come ognuna sostiene il praticante nel cammino di trasformazione personale. Spiega Satchidananda: «Generalmente i Siddha meditavano un anno per comporre un solo versetto. Il versetto non era che una chiave o una introduzione a un significato nascosto più profondo. I Siddha nascondevano spesso il senso dei loro versetti, per destinare il loro significato esoterico solo agli iniziati che, avendo anzitutto acquisito una esperienza, erano sufficientemente avanzati per coglierne il senso» (Introduzione a Yoga Sutra di Patanjali e dei Siddha).
A livello filosofico esplora il rapporto tra l’anima individuale (jiva), il divino (Síva) e il mondo materiale. Parla di valori morali: verità, compassione e autodisciplina, critica fermamente l’avidità, la violenza e le ingiustizie sociali. Contiene riferimenti alla medicina Siddha e consigli pratici per una vita equilibrata, tra cui una dieta sana e uno stile di vita armonioso. Indica la devozione (bhakti) come un mezzo per trascendere l’ego e parte di un percorso che unisce disciplina, introspezione e spiritualità.
“Tapas Svadhyaya Ishvara Pranidhana Kriya Yoga” Patanjali, Yoga Sutra, 2-1
La pratica intensa, lo studio di sé e la devozione verso l’Essere Supremo costituiscono il Kriya Yoga
Può stupire, per via dell’enorme divario di notorietà, che Yoga Sutra di Patanjali e Tirumandiram di Siddha Thirumoolar hanno molto in comune. Sebbene siano stati scritti in lingue diverse (sanscrito per Yoga Sutra e tamil per il Tirumandiram), in realtà condividono molti punti di vista filosofici e spirituali. Ma raramente sono state messe a confronto dagli studiosi. I siddha Patanjali e Thirumoolar potrebbero aver vissuto nello stesso periodo (tra il II e il V secolo d.C.), nella ricca cultura spirituale dell’India del sud. Entrambi riconoscono Nandi come maestro spirituale e si sarebbero incontrati a Chidambaram, un importante centro spirituale.
Entrambi i testi propongono visioni simili sul rapporto tra Sé e Natura, considerano il Purusha (il Sé) e la Prakriti (la Natura) come reali. Negli Yoga Sutra, Ishwara è il maestro supremo, mentre nel Tirumandiram è Shiva a ricoprire questo ruolo. Descrivono metodi pratici come l’Ashtanga Yoga (otto membra dello Yoga), con enfasi sulla purificazione e sulla trasformazione interiore. Elencano i Siddhi, i poteri straordinari che si ottengono attraverso lo Yoga. Ci sono anche differenze evidenti tra le due opere: la lingua, lo stile formale e sintetico di Patanjali e quello più poetico e sensibile di Tirumular. Se Yoga Sutra sono 195 aforismi, il Thirumandiram contiene 3.047 versetti. Uno si concentra su Yoga, filosofia e etica, l’altro integra anche il Tantra e ampie riflessioni sull’etica sociale.
Oltre le tecniche e i concetti filosofici, entrambe le opere sono prima di tutto una guida per navigare le sfide moderne, individuali e sociali. Lo Yoga di cui ci parlano è una via per esercitare il pieno potenziale umano sui piani fisico, mentale e spirituale. Il motivo per cui gli studiosi non hanno approfondito le similitudini tra i due testi è la barriera linguistica: il Tirumandiram non è stato tradotto in sanscrito, mentre esiste dal 2008 una edizione tamil dei Sutra di Patanjali e dei Siddha curati da Marshall Govindan. Inoltre, la letteratura siddha tamil è stata spesso ignorata dagli studiosi occidentali per la scarsa disponibilità di traduzioni – quella inglese del Tirumandiram è arrivata solo nel 1991.
Grazie al progetto dello Yoga Siddha Research Center, nato nel 2000 per volontà di M.G. Satchidananda e finanziato dal Babaji’s Kriya Yoga Order of Acharyas, si stanno studiando e traducendo migliaia di manoscritti dei Siddha. Gli Yoga Sutra e il Tirumandiram non sono solo testi antichi, ma mappe per guidarci verso una trasformazione profonda, verso una umanità multidimensionale. Grazie alla pratica e alla comprensione di queste opere, possiamo contribuire a risolvere le sfide del nostro tempo, diventando parte della soluzione invece che perpetrare il problema.
«Ciò di cui abbiamo bisogno è una rivoluzione contro la natura umana»
Sri Aurobindo

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Questo articolo è apparso su Yoga Journal nella rubrica La mia pratica e lo ripubblichiamo qui per gentile concessione del direttore Guido Gabrielli. Abbiamo scelto Francesca Alinovi perché il suo gruppo, i Lovesick, sta mietendo successo ovunque. Francesca trova tutta la potenza del suo contrabbasso nella pratica di meditazione buddhista e di yoga. Ecco il suo racconto.